La riabilitazione della mano, prevede un approccio “globale”. Partendo dal presupposto che mezz’ora di fisioterapia quotidiana, seguita da ventitre ore e mezza di immobilità o movimenti scorretti non riesce ad ottimizzare i risultati, il compito del terapista è quello di istruire il paziente sulle modalità di esecuzione degli esercizi riabilitativi.
Da questo presupposto nasce l’approccio didattico della riabilitazione: il paziente è trattato regolarmente ed apprende il protocollo necessario affinché possa riabilitarsi anche nelle ore in cui non è in ospedale. Altro cardine della riabilitazione è la precocità. Tale precocità si manifesta con l’inizio della fisioterapia (quando il tipo di patologia lo permette) in seconda giornata o con il cosiddetto “splinting intrachirurgico”: si tratta di confezionare l’ortesi direttamente in sala operatoria, o, in ogni modo, poche ore dopo l’intervento.
Fondamenetale è il monitoraggio costante del paziente. Attraverso i controlli congiunti con il fisioterapista ed il chirurgo, il paziente è valutato periodicamente per chiarire dubbi o per decidere eventuali modifiche al protocollo. Lo splinting, tecnica riabilitativa che deve essere ulteriore strumento a disposizione del terapista, non va a sostituirsi alle tecniche classiche ma ne è naturale compendio. La riabilitazione non è un che di accessorio ma parte integrante del trattamento della patologia e fondamentale per un buon risultato.